sabato 20 febbraio 2010

Fra la picca, il "dindolo" e la sgorbia: il mestiere antico della montagna (20022010)

-->



Molte riflessioni scaturiscono dalla lettura dei blog sulla montagna: penso a Indio sempre attento a difendere e diffondere i valori più tradizionali della montagna, quelli più radicati nella storia dei popoli che la abitano; ma anche a Nuwanda che quando dettaglia la preparazione dell'equipaggiamento sembra quasi nutrirsi e nutrire tutto quello che lo seguirà in montagna e con lui si fonderà in unico essere, nutrito e nutriente della stessa linfa vitale; oppure alle solitarie tutte protese all'istinto, alla sua crescita, espansione e ricerca fuori della quotidianità che lo soffoca, de "u lupu" che si muove come anima pura, allo stesso tempo preda e predatore di luoghi e momenti in cui la solitudine trova il suo spazio; ed ancora le ricercate dure esperienze delle salite contro neve e pendii che ti trattengono in basso di Master, Max e tanti altri alla ricerca di una propria dimensione almeno per un giorno o solo per poche ore, a volte pochi minuti colmi, tuttavia, di vita vera, quella delle "giornate perfette".

Poi arrivano i giorni delle allerte, delle tragedie quasi annunciate, del dolore e della rabbia, quelle che portano alle discussioni inerti e futili sulle normative della montagna, della sua vita tutta reggimentata in norme e leggi che devono impedirti e punirti, reprimerti e obbligarti a stare fermo nella quotidianità e nell'apatia.

Da sempre la montagna è luogo di silenzi, di passi misurati, di istanti, di tempi lunghi e di tempi brevi; il tempo lungo di una ascesa o della preparazione di mesi ad un itinerario particolare, un ghiacciaio od una vetta raggiungibile solo per pochi, pochissimi giorni all'anno; il tempo breve della vetta che raggiunta deve essere subito abbandonata quando invece si vorrebbe viverla in eterno; montagna luogo ostile, luogo di transito e temporaneo dove i popoli stentano una vita dura ma consapevole, che si ostinano profondamente a difendere in quei valori così poco decifrabili e descrivibili che solo l'istinto può sentire, ascoltare e, a volte, decodificare.

Una 'picca' di ferro (oggi si dice acciaio, lega di ...,  eccetera eccetera ) forgiata col fuoco e sapientemente temprata dall'acqua nelle mani del fabbro, in un manico sapientemente scelto e lavorato da un mastro d'ascia che ha raccolto e tagliato quel tronco quand'era il giusto tempo della raccolta e della sua maturazione: parole che scrittori come Mauro Corona hanno iniziato a diffondere e che sono una spinta alla ricerca di tanti valori nascosti nella montagna; chi andava in montagna era spesso colui che aveva costruito -o almeno aveva visto costruire- gli attrezzi, l'equipaggiamento che portava con se; ma aveva costruito anche il "dindolo" della campana che portano le mucche o le capre, sostentamento irrinunciabile per ogni famiglia di montagna, campana che consentiva di localizzare gli animali nelle giornate più scapestrate; e la sgorbia? La sgorbia era li a preparare una serie di minuterie che rendevano l'esistenza più lieta, dai giochi per i bambini alle stoviglie per la casa quando era il tempo del focolare e dell'attesa.

Tre oggetti, tre momenti che oggi non ci sono più (anche la piccozza deve essere a norma EN ....) e che, insieme alle leggi ed ai tempi che evolvono verso mete misteriose, stanno cambiando la montagna trasformandola da un mondo consapevole di umiltà, semplicità e solidarietà in un mondo che vuole uniformare e regolamentare con la carta scritta quello che usi e consuetudini poco scritte sono patrimonio di tutti quelli che amano e vivono la montagna, riservandole estremo rispetto.

Oggi mi trovo a fare queste riflessioni, di getto e d'istinto in questo mattino ventoso, ed a pubblicarle su un blog perchè possano in qualche modo, per quanto briciole inconsistenti, contribuire ad una nuova consapevolezza su quello che ancora oggi è la nostra montagna e dove, credo, vadano ricercati i valori autentici per garantirne la sua sopravvivenza per quelli che verrano dopo, ringraziando tutti coloro che con i propri blog continuano a tener vivo ed a proteggere il complesso mondo della montagna.

1 commento:

  1. Belle riflessioni quelle di questo post...
    "montagna luogo ostile, luogo di transito e temporaneo dove i popoli stentano una vita dura ma consapevole, che si ostinano profondamente a difendere in quei valori così poco decifrabili e descrivibili che solo l'istinto può sentire, ascoltare e, a volte, decodificare."
    Solo chi ha vissuto la montagna ne comprende i profondi valori che in essa sono racchiusi.
    Nell'era di internet coi nosti blog non facciamo altro che perpetuare la cultura della montagna, cultura fatta di passione, di riflessioni sull'uomo e sul suo legame ancestrale con la natura, sui sentimenti anche umani che legano alcune persone alla montagna...
    Un caro saluto.
    Indio

    RispondiElimina