martedì 28 giugno 2011

Sulla cresta dell'Infinito (26062011)


Sulla Cresta dell'Infinito  
(26 giugno 2011)


Grazie alla tenacità di due grandi appassionati escursionisti e camminatori delle montagne dell'Associazione Trekking Falco Naumanni di Matera che hanno coordinato questa escursione  mi ritrovo a raccontare un  altro piccolo traguardo di montagna: la Cresta dell'Infinito, il percorso di cresta che va dal Colle della Scala (1300 mslm circa) alla Serra Dolcedorme (2267 mslm), grossomodo da SudEst a NordOvest traversando il fronte orientale del Parco del Pollino fino alla sua cima più alta, cuore del parco.
Da anni mi affascina l'idea di compiere questa traversata ed i racconti e le descrizioni che si trovano in rete – e fra questi in primis quelle di  "u lupu", Master e Max, appassionati e forti alpinisti del Sud che comunicano ed incoraggiano in questi anni la frequentazione dei percorsi di montagna con i rispettivi blog- e le originarie descrizioni di Giorgio Braschi hanno preparato questa gran bella avventura di montagna: sottolineo "avventura" perchè camminare in montagna (per più di 20 km e con un dislivello positivo intorno ai 1400 metri) rappresenta sempre una attività da prendere con le dovute attenzioni e con buona dose di determinazione psico-fisica.
La giornata è molto ventosa, vento teso da Nord ci taglia la faccia e raffredda il corpo già arrivati al Colle San Martino (1100 mslm circa, in comune di Civita) dove posteggiamo le auto alle 8 di mattina.
Il gruppo composto da 11 trekker si muove svelto, troppo svelto per i miei ritmi e mi ritrovo già ad ansimare ai primi metri prima del Colle della Scala: qui però, una gran bella sorpresa ci allieta subito la giornata. Un gruppo di escursionisti proviene dalla Timpa di Ratto e fra loro troviamo Nicola Zaccato, l'uomo delle 10 cime del Pollino (o delle 7-8 dell'Orsomarso): compiono una traversata di di diversi giorni dal Mare Tirreno al Mar Ionio, da Ovest ad Est, passando per diversi comuni che li ospitano, una "Calabria coast to coast" per citare Papaleo così come ci diciamo al momento.
Veloce foto ricordo e siamo sulla salita che ci porterà alla Timpa del Principe: il vento la fa da padrone ma allo stesso tempo, disegna con la schiuma bianca del mare i limiti della costa che sotto di noi appare meravigliosa: giornata limpida e cristallina, un azzurro meraviglioso fa da sfondo ai nostri volti affaticati ma sereni. Sull' "Altopiano del Principe" meravigliosamente ci accompagna la valle del Raganello con le sue spaccature geologiche vertiginose: oggi non sto molto a guardarlo e mi proteggo dal vento camminando coperto, anche se in solitaria, una decina di metri sotto la linea di cresta, a Sud, osservando così la Valle del Coscile ed i monti dell'Orsomarso.
Avanti a noi scorgiamo ora un altro gruppetto di escursionisti, abbastanza nutrito (18 persone credo): è il CAI di Potenza che sapevamo avrebbe affrontato oggi lo stesso percorso di cresta con inizio dal Colle Marcione: li raggiungo prima della discesa per il Passo del Principe e, inconfondibile, ecco la sagoma di Giancarlo che calorosamente, e con qualche sfottò cabarettistico appulo-lucano, salutiamo con Leo e Tommaso: una settimana fa, dall'altro lato della Valle del Raganello, sulle pareti della Falconara osservavamo la linea di cresta e parlavamo di oggi con tanta voglia di provare a farcela.
Siamo sotto la Manfriana orientale al Passo di Marcellino Serra e chiedo a Franco, intrepido e tenace coordinatore di questa giornata, di andarmene in solitaria aggirando la Manfriana a Sud fino all'Afforcata: un fastidioso mal d'orecchi dovuto al vento mi spinge a stare protetto il più possibile contro questo vento teso di più di 20 nodi: rimaniano in accordo per incontrarci nuovamente sulla Manfriana Occidentale, quasi un incontro di due strade diverse. Il gruppetto del CAI è un po' indietro e Giancarlo rimane con il suo gruppo mentre in compagnia di Leo mi dirigo all'Afforcata: piccola sosta al riparo dal vento in questa magnifica gola, praticamente invisibile quando si guarda la cresta da Nord, e piccolo spuntino a base di prugne. Il vento asciuga il sudore e quasi non ci si rende conto di perdere liquidi: in queste situazioni meglio idratarsi per tempo, anche se non si ha sete. Ormai del gruppo (o dei gruppi) non vediamo più tracce e raggiunti da Tommaso che scende dalla Manfriana decidiamo di scalare questa parte della Manfriana occidentale priva di vegetazione che però, a giudicare dai sassi che si trovano a valle, potrebbe "scaricare" pericolosamente: ma il disgelo è ormai andato e rischi non dovrebbero essercene. Con alcuni passaggi di I-II grado siamo nuovamente in cresta e vediamo piccoli gruppetti che scendono ora nell'Afforcata, non distinguendo più, ormai, chi siano.
Dopo grandi pause e tentativi di collegamento telefonico con il resto del gruppo, decidiamo di rimetterci in cammino almeno per raggiungere un minimo di cresta più agevole dove sia possibile scorgere persone in movimento verso la cresta.
Intanto il tempo passa, con un po' di passaggi su gradini rocciosi ci ritroviamo già in prossimità del Passo del Vascello: Leo e Tommaso sono un centinaio di metri davanti quando il telefono vibrando mi da certenza di un minimo di segnale: mi fermo e provo alcune telefonate e finalmente parlo con Franco che mi racconta come nel gruppo ci sia stata una piccola défaillance, piccolo cedimento dovuto alla fatica di un partecipante e che, pertanto, Rocco è ritornato indietro alle macchine (saprò in seguito che anche Nicola si è offerto quale accompagnatore per lo sfortunato episodio dovuto alla stanchezza); il gruppo pertanto è un po' in ritardo ma, niente problemi, ci si vede sulla cresta o al più in vetta. Raggiungo Leo che mi aspetta e lo aggiorno dell'accaduto mentre Tommaso è già due-trecento metri avanti: piccola sosta a base di wafer e liquidi ricchi di sali minerali e si riparte.
Superato il Passo del Vascello incomincia la lunga "spianata inclinata" che conduce, passando per la Timpa del Pino di Michele, alla vetta della Serra Dolcedorme.
Ancora una volta Leo mi stacca mentre mi attardo nel riposarmi e nel godermi questo spettacolo immenso e superbo che mi si offre davanti: ora vedo il resto del gruppo sbucare sulla cresta e mi rassereno anche se già dopo la telefonata con il resto del gruppo ero più tranquillo; camminare protetto a Sud ha concesso una tregua al "malanno di giornata" che ormai al cospetto di tanta "infinita" serenità si è dissolto: ora mi sento libero di viaggiare oltre che con le gambe, che sembrano tenere bene, anche con la mente, nei ricordi e nei pensieri che riguardano la montagna.
La cresta è meno affilata rispetto al primo tratto della Manfriana occidentale, richiede meno concentrazione cosicchè lo sguardo può cercare luoghi e disegnare vie di salita: arrivo così al Canalone del Faggio Grosso e qui la mente non può che affacciarsi alla giornata vissuta lo scorso Gennaio con il CAI di Castrovillari, mio primo appuntamento di impegnativa salita con ramponi e piccozza: volti, immagini, suoni e parole sono nell'aria e nel vento che appena si è sul filo di cresta ricorda la sua impetuosa presenza.
Adesso bisogna passare necessariamente a Nord perchè a Sud ci sono grandi balze rocciose che disegnano la spalla Sud del Dolcedorme: Leo ormai è distante e arrivo così, immerso in queste piacevoli sensazioni dei ricordi a varcare la porta di uscita della Via Luzzo per osservarla dall'alto: il vento alle spalle mi fa temere nell'affacciarmi sul canalino e mi lampeggia la precarietà della vita "un brivido che vola via, ... un equilibrio sopra la follia" sussurrandomi nella mente le note di questa canzone; continuo la mia ascesa "fuori da tutto", la vetta è ormai vicina e quasi mi dispiace: un gruppo di cavalli è fermo a brucare nella prateria incurante del vento che fa vibrare e risplendere con il sole il colore dei loro manti mentre il capobranco fiero e fermo mi osserva: mi tengo distante in ossequioso rispetto e dopo un po', quasi senza accorgermene, sono sull'ometto che segna la vetta: è fatta, almeno per quanto riguarda la metà del percorso ed il raggiungere il punto più alto. Ancora una volta mi godo l'emozione di vetta e ringrazio il cielo di avermela concessa immerso nel vento e nel cielo azzurro.
Sono le 13,20 e una passata sul libro di vetta è d'obbligo per segnare questo momento tanto atteso: le parole però, sono così intrecciate con i pensieri che non riesco ad esprimere un concetto che possa sintetizzare appieno l'emozione del momento: lascio solo una speranza per una prossima volta in invernale ed un'altra rivolta alla via del ritorno che tanta è ancora da fare. Poi accendo il telefono e chiamo Enzo, amico prezioso di tanta montagna vissuta che oggi non è qui perchè legato a responsabilità famigliari molto più importanti, e lo informo della vetta raggiunta  (e del "dolores de petas" nelle mie scarpe) così come promesso la sera prima: poche parole e la telefonata si interrompe magicamente per assenza di campo.
Ho lasciato a casa, oggi, la macchina fotografica ed allora cerco di recuperare e fissare tutte le immagini odierne consapevole, purtroppo, che non sarà possibile: gli altri si godono un po' di sole a Sud mentre aspettiamo il resto del gruppo. Tuttavia alle 14,00 e qualche minuto, non vedendo in lontananza nessuno decidiamo di scendere ai Piani di Acquafredda per incontrare Tonio e Margherita che dovevano aspettarci li, saliti per la Fagosa: al contempo pensiamo che forse al Passo del Vascello ci possa essere stata qualche variazione di programma.
Letteralmente ci buttiamo a capofitto nella discesa d'erba verde che qualche scivolata trasporta sul retro dei pantaloni: la via più tranquilla prevedeva un passaggio per la Timpa di Valle Piana e per la Sella delle Ciavole ma prendiamo una direttissima (che già sogno di percorrere in invernale in salita) che in meno di mezz'ora ci porta al Piano di Acquafredda dove incontriamo un po' di amici di altre associazioni, di altre città: GeoTrek. Gianfranco con la sua telecamenra sempre pronta è il primo con cui ci scambiamo un saluto ed a seguire, con tutti, un po' di chiacchiere e notizie dei percorsi fatti: loro scendono dalle Ciavole dopo aver percorso tutta la cresta in compagnia dei loricati e ritornano alla Duglia (Terranova di Pollino) dove hanno lasciato le macchine.
Gli incontri in montagna hanno sempre un sapore speciale, credo valgano molto più di quelli quotidiani: la passione per la montagna ed i luoghi sono sicuramente il detonatore per queste piccole esplosioni di gioia quando ci si incontra o re-incontra ricordando giornate passate, aneddoti, curiosità, progetti per il futuro.
Eccoci ora con Tonio e Margherita che sono qui pazienti ad aspettarci: li informo dell'intoppo giornaliero e nel mentre vediamo persone che si muovono sulla cresta di vetta: sono diversi gruppetti e non sappiamo distinguere se CAI Potenza o Falco Naumanni di Matera.Passati un po' di minuti vediamo scendere un gruppetto -sperando siano i nostri- verso i piani e poi dopo un po' finalmente il mistero è svelato e ci ricongiungiamo.
Piccolo riposo, foto del gruppo riunito ed eccoci a scendere per "La Scaletta" verso il "Piano di Fossa" e da qui nella Fagosa. Alessio, escursionista in erba ma con grandi doti da trekker, mi chiede quanto manca ancora: con dispiacere lo informo che una decina di chilometri sono ancora da farsi anche se la strada e abbastanza semplice: così è, infatti, e discorrendo del più e del meno giungiamo alle macchine in un paio d'ore. Con Franco ci riproponiamo l'idea di rifare questa traversata con tanti che oggi non hanno potuto e magari, penso io, con un po' meno vento!
Siamo tutti molto soddisfatti e consapevoli di aver vissuto una gran bella giornata escursionistica, anche se un po' faticosa: la stanchezza si sentirà anche nei giorni successivi ma, passata, lascerà il posto alle emozioni ed ai ricordi ma, soprattutto, ai progetti per nuove esperienze di vita in montagna.

Alla prossima


PS: per le foto, spero di averne qualcuna al più presto

PS2: ecco alcune foto di Leo S. che ringrazio

 
1. Colle della Scala, l'incontro con il gruppo di Nicola Zaccato

 2. Primo spuntino salendo verso la Timpa del Principe

3. Passo del Principe, eccoci con Giancarlo

4. Passo di Marcellino, l'incontro con il CAI di Potenza

 5. Manfriana occidentale, che soggetti!

6. Uno sguardo alla Manfriana orientale

7. Oltre la Manfriana occidentale

8. Prima della vetta di Serra Dolcedorme

 9. (senza parole)

10. Piani di Acquafredda, incontro con il gruppo GeoTrek






lunedì 7 febbraio 2011

Sospesi nel blu (Monte Alpi, 6 Febbraio 2011)



Sospesi nel blu




Quando la montagna ti accoglie in giornate memorabili è difficile raccontarla: sensazioni, profumi, suoni, volti e respiri di chi ti sta affianco per un attimo o per l'intera giornata sedimentano nella memoria e ritornano lieti fuori dal tempo

Ci troviamo sulla spalla Nord del massiccio noto come Monte Alpi (qualcuno mi racconterà che si chiama Alpe), precisamente sotto la mole della vetta Santa Croce: la giornata è serena, limpida come l'amicizia che lega tutti i partecipanti a questa ascensione: il canale innevato, la via che ci consentirà la progressione in conserva, si presenta poco percepibile dal basso anche se Mimmo ci assicura che siamo all'attacco giusto: da lontano la montagna sembrava così leggibile, per quanto bianca lucente, ma ora pendenze miste ad alberi mi spingono a scrutare bene: sorrisi e sguardi si incrociano, muti ma densi di significato, parole veloci ed espressioni di simpatia rendono lieta questa ascensione: ogni volta mi stupisco a pensare come questi sacrifici per mente e corpo diventino gioie se affrontate con l'animo giusto; le fatiche e le difficoltà mettono a nudo il meglio di ognuno di noi, c'è chi aiuta e chi si lascia aiutare, chi consiglia e chi si lascia consigliare.
È vera scuola di alpinismo, oggi, questa salita da Nord: l'aria è calma senza un filo di vento ora che siamo a 1500 metri: le cordate sfilano lungo il canale ed è meraviglioso girare lo sguardo verso il basso e vedere questo serpente colorato che si snoda sulle pendenze che sono ancora accettabili: sistematicamente chiedo a Massimo se superiamo pendenze di un certo grado e lui sistematicamente smorza le mie stime troppo spinte: nei punti meno esposti, prima di affrontare un piccolo passaggio un po' più tecnico con un misto di III (medio) grado, le cordate si affiancano; è bellissimo scambiare piccole impressioni, battute e fiatone con altri che ti sono accanto: la cordata presuppone molta attenzione a chi ti sta davanti e dietro, non lascia molto tempo alle riflessioni e le attenzioni fra corpo, mente e tecniche di progressione non devono mai lasciare il passo ad altri pensieri ma, appena si può, è piacevolossimo, pertanto, chiamare e sentirsi chiamare da altre cordate e scambiare piccole ed immediate sensazioni; Max mi insegna diversi passi, quasi fossero delle danze, per la progrssione: seguo costantemente le sue orme e mi adatto facendo tesoro di tale esperienza, mentre Mimmo, più in basso, mi richiama all'uso accorto del passo che, con i ramponi, va piuttosto battuto che posato semplicemente. La neve, però, oggi compatta ma non dura consente un passo più "leggero" e piccole soste in gradini lasciano riposare polpacci ed articolazioni; superato con estrema prudenza il passaggio di misto il divertimento si avvicina: siamo sui 1700 metri e pendenze di 65/70° in piccoli canalini solidi spingono Max a dar sfogo alla "ciutìa"; l'adrenalina ora cresce mentre Mimmo richiama a passi più pacati ed a traiettorie più sicure: ma questi canalini sono troppo invitanti e Max è incontenibile: "piolet-traction" oggi inizio ad assaporarne un po' e a suggestionarmi non poco con quello che si prova nel praticarla: oggi, ripeto, è vera scuola di alpinismo per me che mi approccio per le prime volte a questa pratica. Ora le cordate sono sfilacciate ed allungate e molto attente al superamento di questi passaggi più pendenti; Max, non contento, decide di "sfondare" una cornice ed in men che non si dica mi ritrovo sotto e, più che una cornice, a me sembra un muro bianco di neve: Max, ormai sopra la cornice e sopra ogni mio pensiero più folle, mi fa sicura, mentre io come un bradipo di pianura fatico e arranco; la neve è morbida e la mia tecnica "sopraffina" fa cascare tutta la neve in basso: Mimmo mi riempie di "benevoli rimproveri" quasi cascasse la montagna, ma è fatta, sono fuori anch'io e, a seguire, Mimmo che felice abbraccia Max, mentre un urlo liberatorio mi esce dalla gola senza alcun ritegno: che spettacolo quassù ora che tutte le cordate sono in cresta.
Ci sleghiamo e alla spicciolata ci dirigiamo verso la vetta del Pizzo Falcone per la sua dolce cresta Est: tutte le vette dell'Appennino meridionale sono così visibili e distinguibili e le "cinque regine" del Pollino sono li schierate a Sud, baluardi da usare per riconoscere anche le altre  vette più basse. In questo momento sono solo, un pensiero va alla prima volta che ho calpestato queste cime, poco più che sedicenne, ed all'ultima volta, quando c'era ancora Antonio a riempire l'aria e l'animo con la sua voce forte e chiara, come il cielo di oggi: lo racconto ad Enzo e Franco e così scarico un po' di tristezza.
Siamo letteralmente immersi e sospesi nel blu, la vetta regala ancora una volta lo spettacolo dei volti di vetta, così sereni e calmi oggi che non c'è fretta di scendere: le foto di gruppo fermano l'attimo e poi via sul Santa Croce e sulla via del ritorno.
Eravamo in tanti oggi, tanti volti nuovi e tanti rivisti, tanti da conoscere ancora e tanti con cui si consolidano affetti e amicizie legate alla montagna: eravamo bellissimi e questa memorabile giornata non può che portare ad una gratitudine ed un abbraccio verso tutti per un altro sogno vissuto.

Alla prossima 
 




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Alcune foto di come eravamo belli ...




















lunedì 10 gennaio 2011

Io speriamo che me la cavo (Serra Dolcedorme, 9 gennaio 2011)


   

Io speriamo che me la cavo (Serra Dolcedorme, 9 gennaio 2011) 
Per chi va in montagna la lettura della scheda descrittiva del percorso fa parte di quella preparazione che aiuta a conoscere meglio il luogo dove si va: ma alla fine di ogni scheda ci si imbatte nel rituale scritto: "percorso per escursionisti/alpinisti esperti e ben allenati". Ed allora ogni volta ci si chiede quanta preparazione e competenza tecnica possano essere necessari e se sufficienti le proprie capacità.
È nata con tale approccio questa escursione "alpinistica invernale" proposta dal CAI d Castrovillari e curata da Massimo e Franco nei minimi dettagli: un po' di apprensione sulla adeguata preparazione è stata polverizzata dalle loro parole di accoglienza, incoraggiamento e sprono a vivere questa nuova via di emozioni, la cosidetta "Via Luzzo" per salire sul tetto del Mezzogiorno anche d'inverno. Per la verità oggi l'inverno, così come da qualche giorno, era andato in vacanza e la temperatura alta ha pulito la montagna sul versante Sud dove la neve è una pappetta tipica primaverile.



Ma la gioia dei partecipanti e la voglia di vivere questa ascensione è tanta così che ci si mette in movimento in piena allegria ed entusiasmo. L'avvicinamento al canalino innevato è lungo, partiamo a quota 900 metri (Valle Piana) per arrivare ad imboccare la via presso il canale dove troviamo la prima neve solo ai 1600 metri, dove poco più su formiamo le cordate.





Una serie di accorgimenti e di preziosi consigli sono impartiti da Franco, Massimo, Domenico e tutti gli altri uomini e donne del soccorso alpino della Calabria che oggi sono qui come volontari a dare un po' più di sicurezza alle vie di montagna. L'aria è tersa e lo spettacolo che ci viene offerto è magnifico; qualche piccola difficoltà trovata in un "collo di bottiglia" -formato da roccette e passaggi di II/III che sono resi insidiosi dalla mancanza di neve, un misto molto divertente  dove i ramponi  "mordono" la roccia ma da affrontare con molta attenzione- ci fanno perdere un bel po' di tempo e di pazienza: fortunatamente l'aria è calda e non ci si raffredda. Questo passaggio obbligato e delicato mi fa pensare a quello che significano tutti gli imbuti in montagna e solo oggi riesco a capire meglio tante descrizioni e resoconti di escursioni dove si parla di questi problemi di affollamento sulle vie di montagna, himalaiane e non. Insieme a palle di neve gelata, il canale scarica delle pietre, non tante per fortuna, ma che creano apprensione alle cordate: capisco quanto fondamentale sia in questi casi avere tutte le dotazioni minime di sicurezza, mi riferisco al casco, e disporsi in maniera intelligente lungo la via, così come Massimo suggerisce ai capicordata.



Finalmente si sale nella neve che prende consistenza dopo i 1800 metri cosicché si cammina quasi su gradini di neve appoggiandosi alla piccozza che tiene bene. Alla metà della via, che ora ha una pendenza di circa 45° o poco più, Mimmo, compagno di cordata e sapiente conoscitore della montagna, tira fuori dallo zaino una delizia che ricarica animo e corpo: fichi secchi immersi in miele e chissà quale altra sostanza deliziosa (a base alcolica credo). 


In questo momento siamo in una gola stretta, meravigliosa anche se poco innevata e finalmente "mi ritrovo ad esserci" in quelle magnifiche cornici che ho sempre visto nelle foto di altri appassionati della montagna: oggi sono io ad attraversare queste "V " fatte di neve e rocce, di pini loricati aggrappati da tanti anni alla parete, che ti guardano e ti accolgono: oggi la montagna ci accoglie davvero con benevolenza, siamo in tanti: qualche folata di vento più freddo già in prossimità della cresta, verso i 2000 metri, me lo ricorda lasciando brividi sul corpo caldo. La fatica c'è, per qualcuno si sente dippiù, per altri meno quando ci sleghiamo sulla cresta: ben oltre mille metri sono stati colmati dei 1367 metri totali del dislivello. Tanti sono fermi a fare un meritato spuntino: quasi non mi rendo conto di essere ad un passo da un traguardo che più volte ho desiderato quando leggevo e studiavo le imprese fatte da altri appasionati: salire sulla Serra del Dolcedorme tutta innevata; vedo Massimo fermarsi e scrutare ansioso il canale dove molte cordate in basso arrancano un po' in ritardo: la poca preparazione di alcuni in questi casi può bloccare intere cordate; con un occhiata rapida mi dice di salire in vetta e che poi mi raggiungerà, ci mancano solo una ventina di minuti anche se la vetta non è visibile: queste parole mi ridanno entusiasmo e io, Stephan e Rocco ci rimettiamo a salire: adesso ognuno fa la propria via, le cordate sciolte disegnano una fila di persone che a distanza uno dall'altro, ognuno nei propri pensieri, nella propria gioia, fatica e soddisfazione compiono gli ultimi meditati e voluti passi verso la meta. Ho il cuore pieno di felicità e queste sensazioni credo di potermele portare dietro per tutta la vita mentre la vetta regala ancora lo spettacolo più bello: "i volti di vetta", i volti di chi è sereno, di chi è gioioso e soddisfatto, di chi non vede l'ora di rifocillarsi in uno scambio di prelibatezze quasi messe in serbo per le occasioni importanti, tra queste un panettone al cioccolato che nello zaino di Carla ha percorso per due volte in nove giorni la tratta Castrovillari-Serra Dolcedorme: ritengo sia necessario assaggiarne un pezzo e lo condivido con Enzo appena arrivato e radioso per l'impresa compiuta. Lo spettacolo naturale è superbo e c'è chi non si stanca di ritrarre foto a 360°: è un po' tardi quando Franco insieme a Massimo, che ora è più rilassato, arrivano sulla vetta felici e soddisfatti di aver portato in vetta tante persone, tanti "ciuati" direbbero loro.  
La montagna ora inizia a vestirsi dei colori rossi del tramonto e ci regala un sole un po' più timido che lascia passare pochi raggi di sole dietro qualche nuvola alta dipingendo di rosso questa volta le cime più alte dell'Orsomarso e tutti noi che ci accingiamo a scendere dal "canalone del Faggio Grosso" in una discesa che impegna non poco le articolazioni piuttosto stanche. Ormai è buio ed una fila di lucine come piccole lucciole si snoda nel bosco, alla spicciolata verso le macchine: questa è l'ora di raccontarsi un po' vita e sommessamente ci si scambia esperienze di altri momenti di montagna.
È fatta: sento di ringraziare tutti dal profondo del cuore per questa avventura meravigliosa: Massimo, Franco (i capi ciuati) che mi hanno dato fiducia, il CAI di Castrovillari nelle persone di Eugenio e Mimmo (solo per citarne alcune) che ci hanno accolti calorosamente e dato il benvenuto nel gruppo, Domenico e tutti volontari del soccorso alpino della Calabria che hanno reso più sicura questa ascensione, gli Amici della Montagna che hanno colorato di simpatia tutta la giornata, gli amici di sempre che hanno condiviso oggi questa giornata incominciata già nella notte.

Sottolineava Karl Unterkircher “Chi non vive la montagna non lo capirà mai. La montagna chiama.”

... io, speriamo che me la cavo!

Alla prossima.



elaborazioni grafiche su rilievi GPS a cura di Stephan S.

la via Luzzo 







... e finalmente c'ero anch'io!