martedì 20 marzo 2012

Buona la prima! (18032012)



 
Buona la prima!
(Monte Santa Croce dalla Neviera, 18 marzo 2012)

 

È mattina ed i fuochi sono spenti con l'odore ancora acre che inonda la città, il rito propiziatorio che annuncia la primavera è andato anche quest'anno e la neve inizierà a lasciare il posto al verde delle praterie di vetta. Ma il pensiero è ancora li, mentre guardo le foto, al filo di cresta, alla luce accecante, all'aria sottile che inebria i polmoni, al vento che affila le creste e ti fa stare basso su un'equilibrio labile, alle corde che rassicurano i pensieri come fossero corrimani della mente, alle mani sempre in cerca di appigli per scaricare un po' di gravità dalle gambe, allo sguardo degli amici che tengono tesa quella corda di valori che anche un pendio innevato sa generare.
É strano come si abbia bisogno di 40° o poco più di fatiche, di sudore, di fiato grosso per sentirsi rigenerati dalla vita urbana dove ormai gli sguardi della gente si tagliano come l'acqua, sempre chiusi ognuno nel proprio universo di pensieri.
Diverso dall'affidarsi completamente alla parte di pianeta non ancora antropizzato dove tutto è armonia, se la si vuol vedere, dove tutto è istinto se si ha la voglia di crederci.
È stato così che ci siamo mossi, non all'improvviso ma dopo aver meditato un cammino che dall'escursionismo allegro e leggero tende all'escursionismo più impegnativo, verso l'alpinismo, appunto. Dalle prime nozioni e rudimenti su corde, imbraghi, piccozze e ramponi, dalle prime perplessità sulla capacità di farcela alle prime piccole certezze maturate con le prime esperienze di "mani sulle corde" ecco che un gruppo di amici oggi tenta la prima impresa "alpinistica", la prima risalita su pendio innevato: è cresciuta pian piano questa consapevolezza di poterci riuscire nel fare attività escursionistiche che fino a qualche anno fa erano impensabili, inimmaginabili, quasi come fossero passeggiate sulla luna.
Svaniti tutti i timori oggi ci si ri-mette in gioco, si va: arrivati all'attacco del canale e dopo le prime ramponate sulla neve che oggi più morbida offre facili appoggi, i capicordata hanno gestito meravigliosamente tempi ed attrezzature, sotto lo sguardo attento e rapido di Franco vigile controllore. Oggi anche un giovanissimo varca la soglia della prima esperienza alpinistica, Alessandro 11 anni, ed onorato della sua presenza è anche il suo papà che deve fare il severo ma se potesse si scioglierebbe in un rigagnolo come la neve di primavera. Anche questo giovanissimo vede da tanto in giro (fra cofano, casa e garage) tutta una serie di ferraglie e canapi vari che ingombrano non poco ed oggi finalmente, dopo tante richieste, si vede accolto fra queste ferraglie e, ciò che più conta, fra l'entusiasmo e l'incoraggiamento degli amici.
La salita come sempre porta gioia e paesaggi, fiato grosso e passo corto, acqua e fichi secchi, sorrisi ed emozioni: il sole ci sta regalando una magnifica giornata, luminossissima e splendente così tanto da disegnarci maschere sul viso che alla sera irradiano i volti stanchi.
Il percorso previsto come prima esperienza siglata EEAI dell'Associazione Falco Naumanni di Matera avrebbe dovuto svolgersi, superati i 1500 mslm, per circa 200 metri di dislivello su pendio di 30-35° nel cosidetto Canale della Neviera sotto la spalla Nord del Monte Santa Croce (Castelsaraceno) per poi deviare a sinistra arrivati al cosidetto "anfiteatro" 200 metri sotto la vetta; operazione questa prevista per consentire ai "piedi teneri" di prendere confidenza con le salite ma, un po' il vento che sentivamo in cresta, un po' la voglia di andare sempre un po' più in alto, la voglia di crederci favorita da condizioni meteo favorevoli, ci hanno fatto meditare una risalita dell'anfiteatro direttamente verso la vetta del Santa Croce.


Ad aspettarci il Mago che in solitaria con le ciaspole, senza ramponi e senza picca, aveva percorso al contrario la via del ritorno ed a cui va il merito ed il ringraziamento per le foto, un fantastico reportage fotografico dei passi finali che lo spazio telematico non può tuttavia ospitare per intero.

La cresta che unisce la Punta del Corvo al Santa Croce è particolarmente affilata oggi, un po' ostica anche perchè il vento la modella ed il sole (siamo quasi a mezzogiorno) la scioglie rendendo instabile il cammino: decidiamo così, appagati già di quanto fatto, di ritornare subito verso il Bosco Favino scendendo dalla cresta per goderci un po' di sole, qualche prelibatezza, il caffè di Michele ed i cordiali di Giovanni.

    


 








La prima è andata e speriamo, io e Franco, strenui sostenitori di questo escursionismo un po' più ardito, di aver convinto altri a godere di questi patrimoni naturali che la montagna ci offre e che ci consentono giornate favolose come questa appena vissuta: Margherita, Michele, Franco, Cosimo, Giovanni, Stephan, Adriano, Nicola, Enzo, Tonio, Alessandro ed io -che scrivo tutto d'un fiato  emozionandomi ancora- sono i protagonisti di questa Domenica trascorsa e di cui mi sento lieto testimone.

Grazie a tutti e ... alle prossime!
P.









martedì 6 marzo 2012

I due Mimmo (Serra Dolcedorme 04032012)


I due Mimmo 
Alpinistica invernale del 4 marzo 2012 alla Serra Dolcedorme via Pietra Colonna

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Occasioni escursionistico-alpinistiche per salire sulla Serra Dolcedorme dagli scoscesi versanti Sud come questa offerta dal CAI di Castrovillari non ve ne sono tante per chi ama la montagna ma vive al Sud: è cresciuta con questo spirito di aspettativa questa escursione sin dai primi giorni quando è stata pubblicata sul calendario degli appuntamenti di sezione.
In verità Mimmo P. me ne aveva già parlato l'anno scorso sul finire di marzo con una mail appasionata in cui descriveva l'ascesa fatta con condizioni piuttosto piacevoli al fianco dell'amico Mimmo M. 
Questo il preambolo di quella che è stata, potrei definirla in tanti modi ma fra questi quella che più mi piace, "l'escursione dei due Mimmo", da loro proposta, da loro organizzzata e sapientemente gestita dalle prime ore del mattino fino agli ultimi scampoli di luce del crepuscolo.
Al Dolcedorme per la direttissima con deviazione a destra, questa la sintetica idea che ho percepito del percorso che visto dall'autostrada preoccupa e inquieta: un versante aspro e roccioso, pieno di balze e contrafforti che sbucano dai 1800 metri in su quando i faggi iniziano a diradarsi. Un versante che ammonisce sul come l'attraversamento e la risalita non possano che essere il frutto di estrema pazienza e sacrificio, costanza e determinazione, tecnica e capacità fisica da farsi ognuno col proprio zaino, con le proprie gambe ma soprattutto con la propria testa. Così, ancora una volta, mentre finisco di metter mano alle ultime ferraglie, un po' interdetto penso: "Andiamo su ... e speriamo che me la cavo anche stavolta!"
 
Si parte che sono passate le 7,30 da pochi minuti fra i pini del rimboschimento di Valle Piana a circa 1000 mslm. Le copiose nevicate delle settimane passate hanno determinato uno spostamento di una settimana per questa ascesa per consentire ai canali di assestarsi e consentire una più agevole progressione su neve compatta o ghiaccio. Tuttavia il caldo fuori stagione degli ultimi due-tre giorni con uno zero termico salito ai 3000 metri hanno determinato un generale allentamento del manto nevoso che si è presentato subito piuttosto ostico.
Le prime fibrillazioni adrenaliniche per questa volta sono su roccia: sono sorpreso, non immaginavo un via di tal genere dove le mani cercano appigli forti per aiutare le gambe a tirarsi su e salire: sono già a pezzi che non siamo ancora arrivati al cosidetto Campo Base, oggi proprio non sembra una giornata giusta, ma non si può ormai mollare: già la sveglia alle tre e un quarto aveva dato questo tipo di avvisaglie, ora ci sono conferme.
In uno degli ultimi passaggi su roccia, mi smonto letteralmente: chiedo a Franco O. (il materano dei due Franco) di farmi sicura per un piccolo "simil-diedro" che ritengo insormontabile solo a guardarlo: il più del gruppo è già oltre, solo qualcuno ancora dietro un centinaio di metri: appiglio su roccia, fettuccia, HMS, mezzo barcaiolo, mezza corda, otto infilato e mio imbrago sono gli attrezzi magici che mi ridanno nuovo vigore e vai... siamo di nuovo su a guardare gli altri affrontare il saltino con tanta disinvoltura!
Al Campo Base, piccolo terrazzo fra costoni rocciosi, gli altri sono lì che aspettano per la prima foto di gruppo; la neve è molle ed i ramponi ancora non servono, così si discute: non faccio in tempo a rifiatare che si riparte, zaino in spalle iniziamo a destra il lungo traverso su neve che ci condurrà al canale di Pietra Colonna, un monolite roccioso che si erge isolato. Massimo, Franco F., Giuseppe, Enzo battono la traccia che noi seguiamo ordinatamente mentre la neve sfonda sotto i nostri passi e sotto i caldi raggi del sole. Nella lunga fila che si snoda fra i faggi mi ritrovo fra Mimmo M. e Gaetano, Luigi e Carla con cui provo a tirarmi su tra fiato corto e gambe di piombo.
 "Pensa a chi sta davanti", mi dico così provando ad alleggerire la fatica. Attraversato l'ultimo canalino siamo all'imbocco del canale magico di Pietra Colonna e riteniamo opportuno calzare i ramponi prima di prendere di petto le pendenze più impegnative.
Guardando in su gli scenari spettacolari iniziano a venir fuori dagli alberi che si diradano: canali e canalini fanno immaginare mille vie di risalita, più o meno ardite fra i loricati dominatori incontrastati di queste rocce: non so cosa sia successo, forse i fichi secchi, forse una buona bevuta di acqua e sali, forse il vedersi tutti li a calzare i ramponi ma il mio spirito e le mie gambe sembrano riprendersi prima di affrontare gli ultimi 250 metri di risalita nel canale che ci porterà in cresta e poi da li in cima.
Ed ecco che sotto la Pietra Colonna Mimmo P. esprime il suo massimo giornaliero: per immortalare il momento sotto il monolito si muove, richiama alle posizioni tutti gli astanti, ridiscende il canale per trovare la luce giusta e l'inquadratura oppportuna: sembra un personaggio metafisico indomabile a metà fra un regista teatrale ed un colonnello sul campo mentre noi, così sorpresi da tanto impetuoso entusiasmo, rifiatiamo e ci godiamo lo spettacolo. Fatte le foto la progressione finale non può più essere rimandata: gli scalini tengono bene, un sasso velocissimo rotola sfiorando tutta la compagnia col naso in su pronta a schivarlo, Max disegna una via che ci porta ad un canalino strettissimo che solo lui conosce e in breve siamo fuori dopo un 65-70° di pura adrenalina ed un rinnovato vigore di gruppo. 
La cresta e la vetta sono ormai vicine che contrastano l'azzurro del cielo, qualche nuvola e qualche filo di vento ci mettono apprensione metereologica ma la cima chiama ed eccoci nuovamente a gradinare, questa volta su una pista già battuta da qualcuno prima di noi: in cresta e poi, fugate alcune perplessità, a goderci la cima fra sorrisi, abbracci, strette e pacche di soddisfazione, battute condide di sana ciutìa e qualcosa da mettere sotto i denti.  
L'aria è tersa, limpida e la cima è letteralmente sommersa da un paio di metri di neve tanto che non c'è traccia della piramide di pietre che segna la vetta: per cui, niente Libro di Vetta e nessuna traccia scritta oggi, ma i volti soddisfatti impressi nei cuori sono sigilli ancora più indelebili in ognuno di noi.
Anche qualche foto con tuffo, solo per pochi intenditori, condisce e impreziosisce questi momenti magici sempre troppo brevi ma così intensi. E purtroppo siamo già a scendere sulla via del ritorno mentre si osservano cornici e impressionanti segni di slavine recenti.
Il ritorno dal canalone del Faggio Grosso ci vede ritornare bambini: in principio mi sembra inopportuno poi anch'io mi lascio trasportare e giù, via col sedere per terra a scivolare magicamente nel canale e poi, come Max annota, "col culo al sole ad asciugare".
Tuttavia finite le pendenze del canale si ricomincia a camminare fra gli alberi: Franco e Massimo battono sistematicamente la traccia, una faticaccia nella neve che è solo ottima pappetta per qualche sorbetto di frutta ma, purtroppo, spezzagambe anche se in discesa. Ciononostante siamo sempre lieti e soddisfatti dell'avventura trascorsa, felici della giornata vissuta fra amici: si sente da discorsi, dalla condivisione delle ultime golosità o dalle ultime mani d'aiuto a tirarsi su nella neve colabrodo.
Mi sorprendo ancora una volta nel vedere Mimmo P. così pieno di fermento, un autentico giovanotto delle montagne a cui la neve non toglie mai sorriso ed entusiasmo: pur nella mia stanchezza, oggi davvero tanta come l'acqua nelle scarpe e nei vestiti, immagino quello che prova dopo aver visto il gruppo prima un po' perplesso e sfiduciato, arrancare e faticare in salita, poi godersi la cima in un clima di calma euforia posati sul bianco e persi nel blu. Così come mi solleva da questi passi pesanti la squisita gentilezza di Mimmo M., sempre così tranquillo nel mettersi a disposizione di chi gli chiede una mano o una spinta, come nel mio caso sotto la roccia più ostica della giornata.
Credo che la montagna così vissuta sia vero insegnamento, non una montagna di prestazioni estremizzate verso la fisicità del gesto tecnico-atletico ma una montagna rivolta alla sostanza più interiore cosicchè ogni volta "è un ritrovarsi dentro" nel ritornare da giornate così intense di emozioni.

Grazie a tutti ... e alle prossime.






PS: 4°, 5°, 7° foto sono opera di Stephan mentre l'ultima è di Massimo