martedì 17 gennaio 2012

Mille motivi più uno (15012012)


Mille motivi più uno 
(Serra delle Ciavole per il Canale SO - 15 gennaio 2012)

Ripongo gli scarponi così puliti e lindi, come nuovi: è sempre bello ritornare dalle escursioni e non dover pulire gli scarponi perchè ci ha già pensato lei, la montagna vestita di bianco: sicuramente è uno dei bei motivi per ritornanrci. Ma, pensandoci bene, ve ne saranno tanti altri di motivi per vivere il bianco, il freddo, la fatica per raggiungere la quota prevista: sicuramente quello di poter gustare una granita naturale a base di sali integratori ghiacciati nella bottiglia a qualche grado sotto zero quando si è sotto una nevicata “dolce dolce” ai Piani prima dell'imbrunire. E pensandoci bene, sicuramente si potrà ricordare qualche gustosa pietanza, o una tazza di the caldo o a volte solo un piccolo quadratino di cioccolata che si sublima di sapore quando ti viene offerta condita di sorriso: e, fra questi, è il caso della domenica appena passata quando il caro Lupu mi offre un delizioso pezzo di pane condito delle ultime lenticchie “grattate” dalla gavetta termica che ha fatto ben oltre mille metri nello zaino per essere gustata, ancora calda, a pochi metri dalla cima minore della Serra delle Ciavole, mentre intorno tutto è fermo ed immobile e, come dice una pubblicità, non può avere prezzo.
Così le montagne fredde, si parlava di 9 - 10 gradi sotto zero, d'un tratto prendono calore tanto che qualcuno, non pago della faticosa salita, prende ad inseguire un casco (ahimè uno Scarab della Kong! Bello, rosso, sic!) che inesorabilmente corre più veloce lungo la spalla Sud della Serra delle Ciavole lasciando tutti immaginare un fantatico goal fra i rami di qualche loricato due-trecento metri più in basso … così salvaguardando anche la domenica calcistica.
E, fra i tanti motivi, ancora ci porrei la simpatia del Presidente che con tre/quattro macchinette fotografiche per mano si destreggia nello scattare foto di vetta a tutto il gruppo fiero e soddisfatto della  meta raggiunta. Ma intanto la montagna, nei suoi mutevoli scenari di vetta, ti richiama a rientrare che si va facendo notte e strada ancora ce n'è da fare non solo a piedi ma anche in auto: e il pensiero va a questi appassionati che, con una sola battuta, un gesto, uno sguardo fra stanchezza e felicità, ti riempiono il cuore di serenità, loro che da Reggio ne han fatti di chilometri per trovarsi qui oggi, a vivere questi frammenti di vita libera. Frammenti di libertà che i capi “ciuati” (alias M. ed F.) hanno profuso con tanta pazienza dall'Impiso all'allestimento e gestione delle cordate che hanno scalettato il canale carezzando loricati centenari che dal basso sembravano irraggiungibili. Così come irraggiungibile sembrava dalla notte l'ora della partenza per questa ennesima indimenticabile escursione del CAI di Castrovillari: un gruppo di amici, appassionati della montagna, che con il proprio fardello di gioie, acciacchi e speranze provano a ricercarsi ogni volta nel bianco delle vette più alte: e, nonostante il freddo, ogni volta è un caloroso abbraccio ed è questo il motivo in più per rivederci ancora nelle nostre escursioni.
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(foto originali di Enzo D.)



  



 













 Alla prossima ...


  

lunedì 9 gennaio 2012

Gradini verso il cielo 08012012


Gradini verso il cielo
(canale Ovest del Monte Pollino – 8 gennaio 2012)

Quando corro ringrazio il Buon Dio perchè mi da la forza,
Quando arrivo in vetta ringrazio il Buon Dio perchè mi da coraggio,
Quando guardo il panorama ringrazio il Buon Dio perchè tutto è Suo Creato.
(da una mail di Gerardo D.)


E' ancora notte e conto le ore, i minuti lenti a passare: fra un po' si ritorna a calzare gli scarponi e la montagna imbiancata già freme dentro. Ormai è quasi ora e mi alzo per dar sfogo a questa frenesia.
Come fosse la prima volta controllo e ricontrollo tutto il materiale dentro e fuori lo zaino, dubito se alleggerirlo di qualcosa, quale pile inserire come exstra: succederà, già lo so, che qualcosa di troppo viaggerà sulle spalle e qualcos'altra utile rimarrà a casa.
Chiusa la porta di casa che fuori è ancora buio, il cielo mi sembra incerto ma dentro sento che potrebbe essere una giornata "giusta". Con Franco non ci siamo dati un indirizzo preciso per la giornata ma sento, e credo anche lui, che la meta possa essere la vetta del Pollino dal canale che parte dal Colle Gaudolino, più volte osservata solo dal basso o nelle foto degli amici.
L'aria è fredda mentre ci si aspetta al solito posto e solletica mille pensieri. Il viaggio passa veloce e ci ritroviamo con il cofano aperto a decidere i materiali da portare: "Viaggiamo leggeri, piccozze e ramponi saranno sufficienti e se saliamo si va in libera".
Lasciamo praticamente tutto in macchina, anche in bella vista, quasi non convinti di quello che dobbiamo fare. Salutati gli altri, ciaspole ai piedi alle 11,00 o poco più, sicuramente già un po' tardi, siamo al colle Gaudolino a guardare la via, cercando di dipanare mille dubbi e provando a sostituirli con altrettante certezze. Un cielo azzurro ci invoglia a muoverci ed alle 11,30 siamo a gradinare con buona lena fra i faggi, alternandoci e, soprattutto, cercando di non entrare nella faggeta giovane ma rimanendo ai margini,  sulla sinistra della slavina che una ventina di anni fa (credo) è scivolata dal canale rinnovando in un baleno la vegetazione che, oggi coperta di ghiaccio, brilla al sole.
La progressione è veloce all'inizio e siamo già alle rocce incastonate di loricati lucenti di bianco.

 
Il manto superficiale sfonda un po' ma almeno la neve tiene e, finchè nell'ombra, ci si muove bene. Siamo felici di aver centrato subito l'attacco del canale, tenendoci a sinistra della faggeta giovane e iniziamo a salire fiancheggiando le rocce; il sole ormai non ha più ostacoli, è mezzogiorno e la temperatura sale con la neve che purtroppo diventa pappa. Intorno ai 2000 metri la progressione non è così facile come prima e, sarà per l'inclinazione o per il calore che ammorbidisce il manto, con qualche timore celato, ci troviamo a fatigare di brutto senza progredire granchè: ma siamo immersi in un luogo fiabesco con i loricati, così ricamati di bianco, mai visti così vicini, che invogliano ad andare.


A 'quattro mani e quattro piedi' progrediamo pochi metri distanti sempre scambiandoci una parola di condivisione, incoraggiamento, supporto. Tuttavia siamo lenti ed il sole incalza: iniziamo ora a stare attenti ai pezzi di ghiaccio che rotolano staccandosi dalle rocce che si riscaldano: qualche pezzo ci sfiora e siamo sempre con la testa in su a cercar di beccarli sulla partenza per, eventualmente, scansarli. Mai come ora capiamo quanto sciocco sia stato lasciare i caschi (almeno quelli) in macchina e alla sera l'incontro con Narduzzo ce lo ricorderà nuovamente (e per chi legge: portate sempre il casco nello zaino, non pesa niente ma è sostanziale). 


Finalmente siamo fuori dal canale, sulla cresta che ci divide dai Piani di Pollino, un po' stanchi ma molto felici è sicuramente molto in ritardo (almeno rispetto a coloro che aspettano più in basso). La cresta è gelata e, nell'ombra del Nord, vetrata soprattutto sulle rocce: un vento teso e freddo ora ci gela il sudore e ci accompagna per l'ultima cinquantina di metri che ci servono per raggiungere la vetta a toccare il pilastro di cemento, il trigonometrico che segna la cima del monte Pollino. Tutto quello che si erge dal suolo è disegnato, o meglio, scolpito dal vento e dal ghiaccio, un'immagine curiosissima, un vento freddo che vorrebbe ricoprire di ghiaccio anche i nostri corpi e la nostra macchina fotografica che, per qualche minuto al vento, smette di funzionare. 


Ci copriamo velocemente e siamo così radiosi per avercela fatta: alle 14,45 scattiamo qualche foto di vetta e presi due fichi secchi dallo zaino iniziamo a scendere verso Sud dove velocemente recuperiamo anche un po' di calore: ricordiamo così di non esserci nemmeno abbracciati e lo facciamo con grande gioia, consapevoli che siamo saliti così affiatati da essere idealmente abbracciati in uno con la montagna che oggi è qualcosa di speciale che forse solo le foto potranno in parte comunicare.


Raggiungiamo la dolina bassa del Pollino che ora si sta lavando e riluce da ogni parte: le bianche superfici sono quasi completamente ammantate di un velo d'acqua che scorre sul ghiaccio mentre la montagna risalta nel blu: piccoli esseri, ora siamo immersi in questa quiete immensa e siamo consapevoli di aver vissuto una giornata unica, indimenticabile che rincorrevamo da tanto, noi con tutti questi arnesi e con le nostre corde, legacci di illusioni e progetti di montagna fuori dall'ordinario e forieri di continue derisioni e contrasti con il "mondo normale".


Oggi, questi sprazzi di momenti felici sono nostri, scolpiti, come il vento ha scolpito il ghiaccio, nei nostri cuori  così smaniosi di salire a toccare il cielo.
Riscendiamo velocemente dalla "pietraia" completamente immersa in pappetta di neve che rende difficile ogni passo che sprofonda in malo modo.
Siamo quasi al colle Gaudolino e, fra le ombre lunghe, rivediamo i segni di rampone che abbiamo lasciato stamattina nell'incertezza della via da seguire: i primi gradini della giornata, i nostri gradini verso il cielo. 


 
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Alla prossima