Ma la gioia dei partecipanti e la voglia di vivere questa ascensione è tanta così che ci si mette in movimento in piena allegria ed entusiasmo. L'avvicinamento al canalino innevato è lungo, partiamo a quota 900 metri (Valle Piana) per arrivare ad imboccare la via presso il canale dove troviamo la prima neve solo ai 1600 metri, dove poco più su formiamo le cordate.
Una serie di accorgimenti e di preziosi consigli sono impartiti da Franco, Massimo, Domenico e tutti gli altri uomini e donne del soccorso alpino della Calabria che oggi sono qui come volontari a dare un po' più di sicurezza alle vie di montagna. L'aria è tersa e lo spettacolo che ci viene offerto è magnifico; qualche piccola difficoltà trovata in un "collo di bottiglia" -formato da roccette e passaggi di II/III che sono resi insidiosi dalla mancanza di neve, un misto molto divertente dove i ramponi "mordono" la roccia ma da affrontare con molta attenzione- ci fanno perdere un bel po' di tempo e di pazienza: fortunatamente l'aria è calda e non ci si raffredda. Questo passaggio obbligato e delicato mi fa pensare a quello che significano tutti gli imbuti in montagna e solo oggi riesco a capire meglio tante descrizioni e resoconti di escursioni dove si parla di questi problemi di affollamento sulle vie di montagna, himalaiane e non. Insieme a palle di neve gelata, il canale scarica delle pietre, non tante per fortuna, ma che creano apprensione alle cordate: capisco quanto fondamentale sia in questi casi avere tutte le dotazioni minime di sicurezza, mi riferisco al casco, e disporsi in maniera intelligente lungo la via, così come Massimo suggerisce ai capicordata.
Finalmente si sale nella neve che prende consistenza dopo i 1800 metri cosicché si cammina quasi su gradini di neve appoggiandosi alla piccozza che tiene bene. Alla metà della via, che ora ha una pendenza di circa 45° o poco più, Mimmo, compagno di cordata e sapiente conoscitore della montagna, tira fuori dallo zaino una delizia che ricarica animo e corpo: fichi secchi immersi in miele e chissà quale altra sostanza deliziosa (a base alcolica credo).
In questo momento siamo in una gola stretta, meravigliosa anche se poco innevata e finalmente "mi ritrovo ad esserci" in quelle magnifiche cornici che ho sempre visto nelle foto di altri appassionati della montagna: oggi sono io ad attraversare queste "V " fatte di neve e rocce, di pini loricati aggrappati da tanti anni alla parete, che ti guardano e ti accolgono: oggi la montagna ci accoglie davvero con benevolenza, siamo in tanti: qualche folata di vento più freddo già in prossimità della cresta, verso i 2000 metri, me lo ricorda lasciando brividi sul corpo caldo. La fatica c'è, per qualcuno si sente dippiù, per altri meno quando ci sleghiamo sulla cresta: ben oltre mille metri sono stati colmati dei 1367 metri totali del dislivello. Tanti sono fermi a fare un meritato spuntino: quasi non mi rendo conto di essere ad un passo da un traguardo che più volte ho desiderato quando leggevo e studiavo le imprese fatte da altri appasionati: salire sulla Serra del Dolcedorme tutta innevata; vedo Massimo fermarsi e scrutare ansioso il canale dove molte cordate in basso arrancano un po' in ritardo: la poca preparazione di alcuni in questi casi può bloccare intere cordate; con un occhiata rapida mi dice di salire in vetta e che poi mi raggiungerà, ci mancano solo una ventina di minuti anche se la vetta non è visibile: queste parole mi ridanno entusiasmo e io, Stephan e Rocco ci rimettiamo a salire: adesso ognuno fa la propria via, le cordate sciolte disegnano una fila di persone che a distanza uno dall'altro, ognuno nei propri pensieri, nella propria gioia, fatica e soddisfazione compiono gli ultimi meditati e voluti passi verso la meta. Ho il cuore pieno di felicità e queste sensazioni credo di potermele portare dietro per tutta la vita mentre la vetta regala ancora lo spettacolo più bello: "i volti di vetta", i volti di chi è sereno, di chi è gioioso e soddisfatto, di chi non vede l'ora di rifocillarsi in uno scambio di prelibatezze quasi messe in serbo per le occasioni importanti, tra queste un panettone al cioccolato che nello zaino di Carla ha percorso per due volte in nove giorni la tratta Castrovillari-Serra Dolcedorme: ritengo sia necessario assaggiarne un pezzo e lo condivido con Enzo appena arrivato e radioso per l'impresa compiuta. Lo spettacolo naturale è superbo e c'è chi non si stanca di ritrarre foto a 360°: è un po' tardi quando Franco insieme a Massimo, che ora è più rilassato, arrivano sulla vetta felici e soddisfatti di aver portato in vetta tante persone, tanti "ciuati" direbbero loro.
La montagna ora inizia a vestirsi dei colori rossi del tramonto e ci regala un sole un po' più timido che lascia passare pochi raggi di sole dietro qualche nuvola alta dipingendo di rosso questa volta le cime più alte dell'Orsomarso e tutti noi che ci accingiamo a scendere dal "canalone del Faggio Grosso" in una discesa che impegna non poco le articolazioni piuttosto stanche. Ormai è buio ed una fila di lucine come piccole lucciole si snoda nel bosco, alla spicciolata verso le macchine: questa è l'ora di raccontarsi un po' vita e sommessamente ci si scambia esperienze di altri momenti di montagna.