venerdì 19 novembre 2010

Imparando a guardare col cuore (Dolomiti Lucane 14112010)


 


Imparando a guardare col cuore


Le giornate giuste si sentono nell'aria: queste prime ore del mattino l'aria è umida, fresca d'autunno e per oggi baveri alti e guanti alle mani possono rimanere a riposo. Dal fondo valle al monte la nebbia gioca con gli ultimi verdi maculati di rosso e nasconde sotto un velo i primi raggi sulle cime assolate. Lasciato il medievale Ponte della Vecchia e salutato il fiume carico di acqua e detriti per il mare, imbocchiamo un sentiero che costeggia la valle del Torrente Caperrino fino a vederlo e sentirlo come piccolo ruscello: ci stupiamo a guardare quante ragnatele hanno preso il posto delle foglie che ormai coprono il prato decorando di garze lucenti i rami spogli. Nessuna foto potrà ridarci queste sensazioni di serena bellezza, ma consapevoli, proviamo comunque a portar via qualche immagine che arricchisca l'album dei ricordi.
Il passo vigile sulle foglie ormai amalgamate con la terra è adesso distolto dal sole che penetra le ultime foschie ed illumina le rocce di queste Dolomiti lucane, incantevoli fra fessure e guglie che disegnano strani personaggi innaturali: roccia liscia e inviolata che ci sussurra pensieri alpinistici che ci piace conservare nel mondo della fantasia. Poche parole ci accompagnano e pensieri sussurranno alla mente mentre il cammino ci porta in salita a raggiungere posti assolati dove consumare il nostro piccolo pasto che come sempre ha un sapore tutto speciale alla fine di una salita: il sole ci scalda per bene ed asciuga il sudore e come al solito mi stupisco a pensare quanto poco basti per succhiare nell'aria attimi di felicità e sentire nell'animo di essere lieti e, soprattutto, consapevoli di queste ricchezze che la provvidenza ci mette a disposizione.
Il segreto di queste passeggiate è sempre lo stesso, guardare col cuore, lontano da ogni mania di grandezza che non sia quella offerta dalla semplicità delle cose e delle persone.
Anche oggi il nostro tesoro interiore si è arricchito di qualcosa che non può avere misure ma solo essere apprezzato dal cuore prima di passare alle pagine dei ricordi che speriamo non sbiadiscano mai. 



foto di Franco O.















foto di franco O.








foto di franco O.













alla prossima

venerdì 22 ottobre 2010

Fra i profumi d'autunno (Duglia 17102010)







Fra i profumi d'autunno

Non mi stancherò mai di affermare che ogni essere umano, sia uomo o donna, vecchio o bambino, dovrebbe avere la possibilità di passare almeno una giornata per ogni stagione fra i sentieri di un bosco, magari ad una certa quota. Una giornata passata nel bosco con l'autunno ormai carico dei suoi profumi e dei suoi colori che invadono ogni cosa lo attraversi, è occasione per rinascere semplici e modesti sia verso l'intimità del proprio essere sia verso tutto il resto, occasione di pace e ristoro.
E così per trovare questa "occasione" ci muoviamo sotto la Duglia, nel Pollino, luogo molto caro a molti di noi percorso in tutte le stagioni: credo che ognuno abbia luoghi particolari dove è sempre piacevole ritornare e dove sempre ci sono animi ed atmosfere nuove da riscoprire.


foto di Stephan S.

Qualche goccia di pioggia ha lavato cielo e foglie e l'aria risulta così leggera e piacevole da respirare: meta di oggi, partiti dal lago Duglia è il vecchio tracciato costruito dalla Rueping che sarà il percorso privileggiato per arrivare al Piano Cardone, al Toppo Vuturo e di li affacciarci sul bacino idrografico del Raganello, scenario maestoso e oggi più che mai variopinto che è disegnato dalla Cresta dell'Infinito e dal sottostnate bosco della Fagosa, dalla Serra delle Ciavole e dalle Timpe della Falconara, di San Lorenzo, di Cassano con lo sfondo delle due gobbe del Monte Sèllaro e un po' più a est il lungo crinale del Lago Forano e del monte Sparviere.







Lo spettacolo del bosco è oggi molto caratterizzato dalla presenza di funghi di ogni specie, dai colori e profumi diversi, dal rosso dell'ammanita muscaria (il fungo delle favole, o come dice Luca di Biancaneve) al bianco candido delle vesce ancora non mature e, pertanto, sode e profumate.






Un bel porcino tutto solo ci aspetta (e ci farà lieta la cena) mentre attraversiamo il tracciato ombrato della Rueping dove oggi, purtroppo, ci cammina un fuoristrada di una casa automobilistica russa: i russi sul Pollino e pure motorizzati: sembra che il detto "adda vinì baffone!" si sia concretizzato, solo che proprio nel cuore del Parco del Pollino in piena zona A? 


  
Ora che la nuova strada sotto il Toppo Vuturo, strato di asfalto scuro ed ancora maleodorante di bitume, taglia il vecchio sentiero le macchine saranno più che agevolate per arrivare un giorno fino alla Grande Porta? Nel silenzio del ritorno penso a questa incredibile opera dell'uomo, già denunciata da più di qualcuno e non posso che rammaricarmi anch'io. Nei pressi della fonte Chedichemo alcuni alberi di prugne selvatiche poco più grandi di ciliege ci regalano un po' di sapori passati: ne faccio una bella scorpacciata con Luca che gradisce e pensa a servire gli altri con grande entusiasmo mentre ormai la passeggiata giunge al termine e l'aria del tramonto inizia a regalarci il brivido dei primi freddi.

È andata anche oggi, si ritorna sereni e rigenerati.





Alle prossime


mercoledì 13 ottobre 2010

Sulla cresta delle aquile (Timpa di San Lorenzo 10102010)






Detta così sembrerebbe una escursione di birdwatching: in realtà di aquile nemmeno l'ombra in una giornata bella calda di ottobre, una giornata a base di roccia dura e pareti verticali. Queste ultime però sono quelle da cui sistematicamente ci siamo affacciati per godere di scenari spettacolari e mozzafiato, anche se, per dirla tutta, per il sottoscritto il fiato lo ha mozzato più la salita che lo spettacolo naturale. Si parte da circa 600 metri slm o poco meno e subito il divertimento esalta gli animi: iniziamo ad "arrampicare" in libera con pasaggi tutti di I grado (?), penso, non di più: tuttavia troviamo qualche chiodo lasciato con corda e maglia rapida di chi deve essersi calato in doppia: sicuramnete a questo punto non siamo più in grado di scendere ed il nostro procedere è solo in salita, fino a raggiungere la cresta piuttosto affilata in posizione ideale per vedere la scala del Barile che sta dall'altro lato, sulla Timpa di Cassano, mentre sotto di noi l'ingresso delle Gole del Barile ed il gorgoglio del Raganello limitano il vuoto.

Si procede così sul filo di cresta: inizio ad accusare già segni di cedimento e l'acqua che bevo sembra non essere mai sufficiente: nel veder Giuseppe sempre davanti e mai sudato, al contrario di me che lascio copiose gocce di sudore sulle rocce come fossero una scia di passione, mi rendo conto della mia scarsa preparazione fisica all'alpinismo: i passi si fanno sempre più pesanti così come le braccia sempre più calanti e non siamo ancora a quota 1000! Ora la giornata diventa per me una faticata incredibile per ogni metro conquistato: la mente vuol andare su ma il corpo, zavorra pesante, tende sempre a vacillare verso il basso, cosicchè spesso mi ritrovo seduto a respirare forte: non c'è molto da fare oggi, il respiro quasi inciampa all'unisono con i piedi! Ma si va avanti, non si molla in una giornata dove il cielo sembra esser posato sulla cresta. Gli altri allungano e ormai desisto dal cercare di recuperare e provo a far la mia salita, col mio passo, con i miei pensieri. Rocco è con me, abbiamo le stesse difficoltà ma anche la stessa voglia di raggiungere la cima: ogni tanto ci si sposta sul filo più scoperto della cresta a respirare questi spazi incredibili sotto di noi. Così dopo 4 ore scarse di salita ecco che ci siamo, raggiungiamo gli altri seduti nei pressi del cumulo di pietre che segna il punto più alto di questa mole rocciosa chiamata Timpa di San Lorenzo: anche oggi una preghierina ed un ringraziamento mi passano per la testa e nel cuore: questa montagna così faticosa, al contrario del futile, fa vedere tutto sotto un'altra luce e la soddisfazione di non aver mollato anche se "spezzato fisicamente" spinge i pensieri a ringraziare per esserci riuscito anche questa volta. 


Veloce foto di gruppo e via verso la discesa, altra brutta bestia da tenere sotto controllo cercando di mantenere le gambe che ormai non hanno padrone, come sembrano dimostrare un paio di "sedute non volute" sulle pietre sdrucciolevoli. Ma dopo due ore abbondanti anche la terribile discesa è fatta ed ora guardiamo con soddisfazione, ed una certa incredulità, il percorso sviluppato: non mi sembra vero, a guardare alcuni tratti del percorso, che qualche ora prima si era attaccati mani e piedi ai ripidi pendii: l'ultima passeggiata sulla strada che ci porta alle auto è quasi uno sgranchirsi mentre penso a quello che sarà domani il mio corpo dolente. Poco importa, l'anima anche oggi ha vissuto momenti magici, irripetibili e di serenità e questa sensazione di pienezza interiore cancella sempre ogni fatica.
Un ringraziamento a tutti per questa giornata, a master G. per aver guidato sapientemente ed atteso lungo il percorso, alla montagna per averci regalato ore liete ed averci accolto anche oggi.

    

                    







    Alla prossima



Alcune delle foto sono di Angelo B. e Stephan S.; i dettagli IGM e profilo altimetrico sono stati elaborati da Stephan S.

giovedì 30 settembre 2010

Mani sulla roccia (Eianina 19092010)

Un video, carrellata di foto ritagli, per ricordare sensazioni ed emozioni di un giorno speciale, di quelli che non si dimenticano.





giovedì 9 settembre 2010

Oltre il sentiero (Cengia del Raganello - Sentiero delle Capre 05092010)




È grazie all'esperienza ed alle competenze sulla montagna di alcuni escursionisti del CAI di Castrovillari che oggi mi trovo a rivivere, raccontandola, una emozionante esperienza di trekking su una via ferrata nella pareti sommitali delle gole del Raganello.
L'impatto con le prime piste a ridosso del vuoto, appena scavalcata la parte più alta della Pietra del Demanio, mi mettono una certa ansia: il vuoto si sente tutto (almeno per me che sono alla prima esperienza del genere) e pur con sufficienti margini di sicurezza mi muovo con molta tensione nelle gambe ed in tutto il corpo: mi sembra di vedere gli altri così leggeri ed io invece così goffo ed ogni pietra, ciuffo d'erba o strato di terreno ancora umido delle copiose piogge del giorno passato mi incutono apprensione. Persino le scarpe sembrano non avere più aderenza ed i piedi sembran esser già dolenti mentre ci muoviamo in perfetta fila intervallati dai più esperti. Arriviamo così molto velocemente all'attacco del primo tratto più esposto con un salto di qualche metro assicurato però dall'opportuna corda metallica ancorata saldamente alla parete: l'esperienza di chi mi è alle spalle si sente subito quando arriva il suggerimento (dal caposquadra, verrò a sapere più avanti) di sbattere un po' le scarpe per pulirle dal terriccio prima di mettere i piedi sulle placchette rocciose. 


 
Il primo salto adrenalinico è subito fatto e inizio a superare la fase dell'apprensione per passare a quella del divertimento: il corpo inicomincia a dare segnali positivi (era ora!) ed inizio a sentire la roccia come un appiglio amico: Luigi, grande dispensatore di ottimi suggerimenti ed insegnamenti, mi anticipa e, in certo senso, mi fa da guida: osservo attentamente il modo di fare di tutti e più che in altre situazioni oggi mi soffermo a leggere i passi di chi condivide con me questa giornata.
Max Ga(tt)o guida attento la testa del gruppo ed esplora un po' prima che arrivino gli altri, aprendo  -anche psicologicamente- la strada mentre Tonino la chiude: i movimenti del gruppo sono ormai fluidi, capisco che oltre a me altri devono aver subito il primo impatto con il vuoto, che -c'è poco da fare- è al proprio fianco e si sente tutto: ora però il vuoto lascia spazio alla sensazione di libertà, i paesaggi e gli scorci grandiosi sulle pareti del Raganello emanano solo sensazioni positive anche quando attraversiamo qualche ostacolo o parte del percorso un po' più esposti.  
Scorrono così velocemente i minuti e poi le ore: arriva così la prima piccola sosta con i piedi ben ancorati al terreno e prime piccole condivisioni come alcuni alimenti semplici, fichi secchi, barrette, un goccio d'acqua sono mezzi di comunicazione per le prime conoscenze. Questo luogo ci accomuna molto a prescindere dal conoscersi: ci si guarda negli occhi, sotto i caschetti di protezione e gli sguardi non si tagliano così facilemnte come capita spesso nella vita quotidiana, qui tutto assume una dimensione nuova, diversa, profonda.
Siamo alla prima foto di gruppo, tutti particolarmente distesi e felici: Mimmo non si ferma mai, scatta foto e ricerca angoli che non sono mai sufficienti ad appagare la sua voglia di fermare il momento in uno scatto e nei frangenti di questa ricerca mi informa di qualche dettaglio su quello che stiamo attraversando.
Il nostro gruppetto esterno al Cai di Castrovillari, già in movimento dalle 6 di mattina con tutte le particolari attenzioni rivolte ai nuovi materiali ed agli orari, ogni tanto si ferma e ci scambiamo veloci sguardi, sia per una celata forma di cautela sia per scambiarci soddisfazione reciproca per essere in questo luogo in questa bella giornata di sole: nessuno di noi ha mai praticato un percorso così adrenalinico ed emozionante e le diverse gestualità questo mi sembrano evidenziare.
Arriviamo così nei pressi del canale di Caccavo, uno dei canali che scaricano acqua nel Raganello proveniente dal bosco sommitale, per poi ritornare un po' più indietro ed approntare una salita alpinistica da una spalletta di una ventina di metri un po' più praticabile, soprattutto dai meno esperti: prima della lunga sosta ristoratrice bisognerà salire da qui: il "caposquadra", parte con la cima di una corda e come una lince lo vedo sovrastarmi sulla spalletta come se stesse camminado sui pianerottoli di un edificio: sotto i suoi piedi con la sua maestria tutto sembra facile, quasi un sentierino appena più ripido. Pochi minuti gli sono sufficienti per arrivare alla fine del pendio ripido, e da li mandare qualche segnale e lanciare una corda assicurata per chi è in basso, segnalando di iniziare a salire: uno spettacolo, oggi per me, indimenticabile.
Nel frattempo, Max e "il biondo" Domenico preparano l'attrezzatura per una salita un po' più assicurata, una arrampicata alpinistica mi spiegano insieme ad altre informazioni su corde e accessori metallici vari che da oggi iniziano ad essere meno sconosciuti: così vedo i primi chiodi diventare appigli per rinvii e corde, vedo all'arrivo della mia salita cosa significa allestire una sosta e fare sicura con una longe, vedo soprattutto come ci si prodiga per aiutare la scalata degli altri, capisco come sia importante muoversi senza far muovere sassi che inevitabilemnte possono rotolare, e rotolano poi prendendo il volo, su chi è ancora in basso.
Voglio salire ancora e vedere cosa mi aspetta una ventina di metri più su e così salgo su roccia ed erba fino ad arrivare alla parte superiore che confina col bosco di Santa Venere: il canyon quassù è terminato ma lo spettacolo è ancora incredibile ovunque lo sguardo si fermi: in questo momento sono così lieto e osservo gli altri che stanno arrivando ed hanno recuperato e rimesso in ordine tutta l'attrezzatura che ha permesso di vivere questa esperienza: penso alla passione incommensurabile che hanno per la montagna, passione che difficilmente si può spiegare a chi è fuori da queste sensazioni, passione che accomuna tutti quelli che la sentono come voglia di vita e di libertà fuori dagli schemi della vita quotidiana.








 
 




 



 






 
Anche oggi è andata, "alla grande" e mai ringraziamento potrà essere più sincero e sentito per chi ha organizzato e faticato per questa esperienza straordinaria, una esperienza che mai come oggi ricorderò per esser stata oltre, ... oltre il sentiero.