lunedì 21 settembre 2009
Impressioni d'autunno lungo la Via dei Briganti (Monte Sparviere)
Alla vigilia dell’equinozio di autunno ci dobbiamo lasciare alle spalle l’idea di giornate lunghe e assolate e cominciare a pensare invece ai meravigliosi colori caldi della nuova stagione con quel pizzico di imprevedibilità nelle previsioni metereologiche che a volte possono premiare i più temerari.
Come un grande amore sa insegnare, ogni momento deve essere vissuto senza perdere attimi o occasioni; così con la montagna bisogna lasciarsi andare alla passione e magari abbandonarsi alle improbabili indicazioni stradali tipiche delle nostre viabilità o a previsioni autunnali incerte o poco chiare o ancora a percorsi un po’ improvvisati, un po’ inventati, un po’ scoperti.
Così in pochi ci siamo fatti coraggio e abbiamo affrontato una giornata con lo spirito d’avventura che deve sempre stimolare l’escursionista medio rendendolo un po’ caparbio e un po’ spericolato.
Un po’ incuranti delle previsioni di pioggia e un po’ impreparati sulla strada da farsi, siamo riusciti a partire con una puntualità impeccabile e con un po’ di faccia tosta nei confronti della nostra audace meta: monte sparviere, quota 1713 metri slm.
La pioggia è un elemento naturale e come tale rientra nelle bellezze che ci impegniamo a cercare e a rincorrere, ritengo quindi sia altrettanto piacevole doverla vivere come momento di equilibrio e di ricollocamento di noi stessi nel ciclo della terra.
Ritengo pure che quando non si è in molti, l’incertezza di un sentiero possa essere un modo per dare sfogo alla creatività e alla scoperta di nuovi percorsi, di nuove escursioni, assecondando quel minimo di incoscienza che deve essere propria dei trekkers pionieri, di coloro che sperimentano la natura per poi poterla condividere e godere con altri compagni di escursione.
Con queste convinzioni ci siamo avvicinati al lungo ma comodo percorso forestale che girando sul lontano declivio alla destra del monte, ci ha condotti lentamente all’altitudine vicina alla nostra meta. La natura ci ha coinvolti con i primi tocchi di quei colori accesi e caldi che dipingono l’autunno di faggete e cerrete, e in genere delle caducifoglie, rubando gli occhi degli amanti della fotografia e gli animi dei romantici poeti. Ciliegi e aceri di rimboschimento, schierati come fieri soldati a difesa dei pendii, si sono presentati in filari alternati di diverse tonalità di verde e di rosso.
Grandi cespugli di rosa canina accompagnata da macchie di biancospino ci hanno tenuto compagnia ai lati del tracciato, alternandosi a stupende espressioni di agrifoglio che, a quote più elevate, abbiamo scoperto già dipinto di pois rossi, rimembranze di colorati ricordi natalizi. Famiglie di ontani si sono alternate mostrando ciascuna i loro anni con tutta la vita che ha potuto crearsi sui loro grossi fusti o sui loro delicati e giovani tronchi.
A tratti il percorso ci ha portati ad andare più in alto mentre nubi cariche di umidità si rincorrevano nel cielo minacciando incombenti scrosci o timide schiarite.
Salendo ancora l’azzurro è sembrato prendere il sopravvento sulle nuvole che ci avevo inizialmente accolti ed impauriti, lasciando così un po’ di sfogo agli obiettivi delle nostre macchine fotografiche, sempre avide di nuovi scatti.
La ricompensa è giunta in coincidenza con la quota 1700metri, dalla quale abbiamo potuto scorgere le gole del Raganello, la timpa di s Lorenzo, appannati da veloci quanto densi banchi di bigia foschia.
Lo Sparviere ci ha accolti con vento umido e fresco, ma con uno spettacolo che non abbiamo potuto considerare “rovinato” in alcun modo, dalle nuvole o dagli altri assembramenti di foschia che ci hanno circondati una volta in cima.
Nessuno spettacolo può essere considerato di poco conto in montagna; ogni stagione, ogni situazione climatica, ha il proprio fascino, il proprio modo di raccontarsi, il proprio equilibrio in cui permetterci di addentrarci e ritrovare un pezzo di noi stessi.
Abbiamo consumato i nostri pranzi e avvolti infine da uno stretto abbraccio di foschia, ci siamo sentiti salutare dalla cresta dell’immobile compagno e abbiamo riguadagnato la via del ritorno.
Abbiamo scelto un percorso alternativo a quello già seguito nell’ascesa e ci siamo incamminati su un’altra strada similmente forestale che ci ha lasciati insinuare in un indimenticabile quanto rigoglioso bosco di aceri.
Grossi tronchi ricoperti di licheni, di muschi, aggrappati alla terra con profonde radici, aggrappati come esseri avidi di vita su un pendio che cerca in ogni modo di lasciarli cadere verso valle. Radici robuste, intricate, scoperte e abbandonate da lastre di argilla stratificata che racconta tutto il passato della montagna.
Piacevole e sorprendente ad un tratto l’incontro con tre impauriti cavalli allo stato brado che ci hanno evitati e infine sono scappati al trotto ritornando sui loro passi spensierati.
Abbiamo di lì alternato brevissime soste alle numerose fonti che abbiamo incontrato lungo il percorso, mentre il cielo riprendeva a respirare allontanando altri grigi pensieri sulle nostre teste.
Siamo giunti così alle macchine e siamo ripartiti salutati da un ultimo raggio di sole della nostra montagna e con tanti nuovi progetti e numerose idee per tornare ancora a godere di questo bellissimo paesaggio immutevole nei nostri animi e nelle vibrazioni che riesce a regalarci.
Scritto da Antonio Guanti
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complimenti per lo spirito:"un pò caparbio un pò spericolato"; le bellezze inaspettate sono quelle più emozionanti.
RispondiEliminaGrazie Anima R., la nostra terra è piena di bellezze inaspettate che dobbiamo (ri)conoscere, diffondere e così difenderle dai male intenzionati lasciandole, per quanto possibile, alla loro primordiale bellezza.
RispondiEliminaCi si vede per sentieri ...